I loro padri vissero la guerra Dopo 71 anni i figli si ritrovano
«Si mobilitarono per soccorrere chi cercava di salvarsi la pelle»
Settantuno anni dopo, nella stessa casa, con sul tavolo manzo e pearà, si sono ritrovati i figli di una generazione divisa dalla guerra ma unita da una solidarietà che andò oltre le
diverse appartenenze. E' successo a Volon, a casa dello scomparso Amelio Bonato. Nel 1943 la sua famiglia non ci pensò un attimo a dare ospitalità a due prigionieri inglesi fuggiti
dal campo di lavoro di Zevio dopo l'8 settembre, quando l'Italia di Badoglio rinnegò Hitler per schierarsi con gli angloamericani. I Bonato non fecero una piega anche quando videro il
loro capanno riempirsi con 12 nemici divenuti amici.
Nonostante il conflitto e il rischio fucilazione, un pezzo di pane si poteva sempre racimolare. E pane ci fu fino a quando i tedeschi fucilarono Luigi Ferrari e Attilio e Leonildo
Bettili per aver nascosto prigionieri alleati, secondo testimoni ingiustamente accusati d'aver ucciso una camicia nera durante un rastrellamento. In seguito a quell'episodio, in paese
il clima divenne irrespirabile. Così i militari britannici, nascosti dai Bonato, decisero di consegnarsi ai carabinieri. Successe dopo una cena in casa di Amelio, al tavolo anche i
militari dell'Arma che li avrebbero presi in custodia. Di quella dozzina di uomini non se ne seppe più nulla fino al 1960, quando uno di loro, Albert, arrivò a Volon per
ringraziare.
Amelio e Albert non ci sono più. Ma ora a casa Bonato ha fatto tappa il discendente di un altro prigioniero di guerra che visse un'identica esperienza a Caiano di Pojana Maggiore:
Winston Tomkins. Pure lui catturato in Nord Africa nel 1942 ma smistato a lavorare nelle campagne di Bonavigo.
Il figlio di Winston, Steve, 61 anni, gallese, ex giocatore di rugby, è entrato in scena grazie all'omonimia tra i salvatori di suo padre e quelli di Zevio, accomunati dal cognome
Bonato. Steve era stato a Cagnano per ringraziare i Bonato già nel 1990, ma poi ne aveva perso le tracce. Li ha ritrovati grazie a Internet, estendendo l'amicizia alla famiglia di
Volon.
«Vicende come questa ripropongono le forme di resistenza non armata di cui fu protagonista la nostra gente», dice il regista Mauro Vittorio Quattrina, autore del film «Quei giorni di
coraggio e paura», incentrato sull'altruismo dei veronesi nei confronti dei prigionieri di guerra alleati. «I nostri Schindler e Perlasca, centinaia, si mobilitarono non per questioni
politiche ma per soccorrere con grande spirito di solidarietà persone che cercavano di salvarsi la pelle». «Grazie al film di Quattrina il coraggio dei nostri padri ha suscitato un
interesse internazionale», gli fanno eco Linda e Giantonio Bonato, figli di Amelio.
Con sé Steve ha lettere spedite dal padre ai familiari durante la prigionia. I Pow (prisoner of war) viaggiarono dall'Africa all'Italia su navi della Croce rossa. Furono concentrati
nei campi di Brindisi, Capua, Benevento, Macerata. Winston scelse di lavorare in campagna per avere più cibo, maggiore libertà, percepire la paga, avere un letto. Causa guerra
mancavano braccia per i campi. E con zappa e badile gli inglesi si fecero benvolere.
Steve ha raccolto tutte le testimonianze sulla prigionia di suo padre. Winston e un compagno d'armi, Clive Davies, rimasero nascosti a Caiano fino all'arrivo degli americani, il 30
aprile 1945. Due anni passati con la paura di essere deportati. Nelle sue missive piene di gratitudine per la famiglia che lo ospitava, Winston scrisse d'essere addirittura
ingrassato. E che nella sua dieta era era entrato pure un gatto.P.T.